La guida di Antonio

Antonio
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Visite turistiche

E' la più grande chiesa di Puglia e rappresenta il monumento che più di tutti testimonia il profondo connubio tra Oriente ed Occidente che in Otranto trova la sua massima espressione. Fu realizzata lungo la linea immaginaria che unisce Roma con Costantinopoli per dare un segno del ruolo conciliatore che la città e le sue autorità religiose ricoprirono durante lo scisma d'Oriente. Risale al 1068 voluta dal vescovo Normanno Guglielmo, edificata su antiche preesistenze di epoca messapica e romana. Lo stile dominante è il romanico su cui trovano innesto opere gotiche e barocche. Uno degli elementi caratterizzanti è sicuramente il vasto mosaico pavimentale (uno dei più estesi al mondo), realizzato dal Monaco Pantaleone e da sue maestranze provenienti dal vicino Monastero di San Nicola di Casole, uno dei più ricchi dell'epoca; raffigura un grande albero della vita che dall'ingresso si sviluppa per tutta la navata centrale, riprendendo scene bibliche e pagane, sul cui significato si sono succedute diverse ipotesi ma nessuna che ha raccolto ampio consenso tra gli addetti ai lavori. Altro elemento di interesse è la piccola cappelletta ricavata al termine della navata di destra, ove in tre grandi teche vetrate trovano allocazione di resti di Otrantini che nel 1480 trovarono il martirio ad opera dei Turchi; sotto l'abside è posta la pietra su cui impattava la scimitarra del boia Turco.
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Katedra św. Marii Zwiastowania
1 Piazza Basilica
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E' la più grande chiesa di Puglia e rappresenta il monumento che più di tutti testimonia il profondo connubio tra Oriente ed Occidente che in Otranto trova la sua massima espressione. Fu realizzata lungo la linea immaginaria che unisce Roma con Costantinopoli per dare un segno del ruolo conciliatore che la città e le sue autorità religiose ricoprirono durante lo scisma d'Oriente. Risale al 1068 voluta dal vescovo Normanno Guglielmo, edificata su antiche preesistenze di epoca messapica e romana. Lo stile dominante è il romanico su cui trovano innesto opere gotiche e barocche. Uno degli elementi caratterizzanti è sicuramente il vasto mosaico pavimentale (uno dei più estesi al mondo), realizzato dal Monaco Pantaleone e da sue maestranze provenienti dal vicino Monastero di San Nicola di Casole, uno dei più ricchi dell'epoca; raffigura un grande albero della vita che dall'ingresso si sviluppa per tutta la navata centrale, riprendendo scene bibliche e pagane, sul cui significato si sono succedute diverse ipotesi ma nessuna che ha raccolto ampio consenso tra gli addetti ai lavori. Altro elemento di interesse è la piccola cappelletta ricavata al termine della navata di destra, ove in tre grandi teche vetrate trovano allocazione di resti di Otrantini che nel 1480 trovarono il martirio ad opera dei Turchi; sotto l'abside è posta la pietra su cui impattava la scimitarra del boia Turco.
Il Castello Aragonese fu eretto dal Re di Napoli Ferdinando d'Aragona tra il 1485 ed il 1498, sui resti di un fortino preesistente di epoca Bizantina. La sua costruzione fu conseguente all'invasione turca del 1480 che aveva distrutto l'apparato difensivo della città e che ne aveva appalesato l'esiguità ed inadeguatezza. Congiuntamente ad esso gli spagnoli eressero poderose mura a protezione del centro cittadino. Esse sono intervallate da tre torri principali: Ippolita, Alfonsina (deve il nome ad Alfonso d’Aragona il liberatore della città) e Duchessa (forse la moglie del duca Alfonso) e, insieme al Castello, racchiudono, come uno scrigno prezioso, l'antico borgo di Otranto. Il Castello ha una struttura trapezoidale con tre torri circolari per tre lati, ed uno spuntone a forma di lancia sul quarto lato. Le torri non facevano parte della vecchia struttura, ma furono aggiunte dagli Aragonesi. Anche lo spuntone che protende verso il mare detta "Punta di diamante", è opera dei vicerè spagnoli (1587). Il Castello, al suo interno, presenta subito una piazzetta d'ingresso e un ballatoio superiore nel suo perimetro. Le sale superiori del castello hanno lo scopo di disorientare il nemico. Le sale circolari presenti nelle torri, hanno finestre con bocche di fuoco. Di particolare interesse è la sala triangolare opera dell'architetto Ciro Ciri: essa risulta costituita da un asse longitudinale che sostiene le pareti realizzate con pietre posizionate a spina di pesce. Le sale inferiori alla piazzetta sono ricche di scorciatoie, sotterranei e vie di fuga. Lo stemma degli Angioini campeggia sopra un piombatolo. Ultimamente il Castello è stato ristrutturato ed è stato riportato alla luce l’antico fossato ed il ponte levatoio. E’ da sottolineare che un celebre romanzo "Castello di Otranto" scritto nel settecento dal letterato inglese Horace Walpole ha trovato la propria ambientazione all'interno delle mura idruntine.
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Zamek Aragoński w Otranto
Piazza Castello
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Il Castello Aragonese fu eretto dal Re di Napoli Ferdinando d'Aragona tra il 1485 ed il 1498, sui resti di un fortino preesistente di epoca Bizantina. La sua costruzione fu conseguente all'invasione turca del 1480 che aveva distrutto l'apparato difensivo della città e che ne aveva appalesato l'esiguità ed inadeguatezza. Congiuntamente ad esso gli spagnoli eressero poderose mura a protezione del centro cittadino. Esse sono intervallate da tre torri principali: Ippolita, Alfonsina (deve il nome ad Alfonso d’Aragona il liberatore della città) e Duchessa (forse la moglie del duca Alfonso) e, insieme al Castello, racchiudono, come uno scrigno prezioso, l'antico borgo di Otranto. Il Castello ha una struttura trapezoidale con tre torri circolari per tre lati, ed uno spuntone a forma di lancia sul quarto lato. Le torri non facevano parte della vecchia struttura, ma furono aggiunte dagli Aragonesi. Anche lo spuntone che protende verso il mare detta "Punta di diamante", è opera dei vicerè spagnoli (1587). Il Castello, al suo interno, presenta subito una piazzetta d'ingresso e un ballatoio superiore nel suo perimetro. Le sale superiori del castello hanno lo scopo di disorientare il nemico. Le sale circolari presenti nelle torri, hanno finestre con bocche di fuoco. Di particolare interesse è la sala triangolare opera dell'architetto Ciro Ciri: essa risulta costituita da un asse longitudinale che sostiene le pareti realizzate con pietre posizionate a spina di pesce. Le sale inferiori alla piazzetta sono ricche di scorciatoie, sotterranei e vie di fuga. Lo stemma degli Angioini campeggia sopra un piombatolo. Ultimamente il Castello è stato ristrutturato ed è stato riportato alla luce l’antico fossato ed il ponte levatoio. E’ da sottolineare che un celebre romanzo "Castello di Otranto" scritto nel settecento dal letterato inglese Horace Walpole ha trovato la propria ambientazione all'interno delle mura idruntine.
E' uno dei monumenti del genere più importanti in Italia. Questo autentico gioiello d’arte si deve alla attività febbrile e pregnante di un grande movimento religioso medioevale: quello dei monaci Basiliano - Bizantini. La datazione della chiesa oscilla tra i sec. XII - XIV; il nucleo principale, comunque, risale ad un periodo precedente. La matrice greco-bizantina è confermata anzitutto dalla pianta a croce greca (la chiesa, infatti, risulta inscritta in un rettangolo con i lati pressoché uguali tra di loro) con cupola centrale supportata da piccole monofore lucifere. L'interno, sempre a forma di croce greca, accusa tre navate, di cui una centrale più larga, con altrettanti absidi semicircolari, otto colonne, di cui quattro con capitelli a pulvino che sostengono la cupola monolitica centrale, e le altre quattro sono seminglobate nelle pareti. Nell'abside centrale è presente un altare barocco fatto erigere nel 1841; quello sulla parete nord è dedicato a San Pietro e presenta anch’esso sovrastrutture barocche. Le quattro colonne smontano archi tipicamente orientali e i capitelli presentano affreschi di santi, dottori o padri della Chiesa. Tutti gli altri affreschi presentano caratteri bizantineggianti, ma non mancano rimanipolazioni o sovrapposizioni più tarde, anche cinquecentesche, di carattere latino - romano. Essi confermano l'esistenza di una scuola artistica otrantina. Le pareti della Chiesa sono adorne di affreschi, tutti di pregevole fattura. Nell'abside sinistra vi è raffigurata la Madonna col bambino che benedice con le prime tre dita della mano; nel lato destro in alto, nella volta a botte, si leggono i più antichi “La Lavanda dei piedi” (con un iscrizione greca) e “l'Ultima cena” (anche qui vi è un'iscrizione greca), in basso la Vergine, San Nicola e San Francesco di Paola; nell'abside si vede il Cristo morto, disteso fra le braccia della Vergine, con le due Maddalene ai lati. Sulla cupola dell'altare campeggia l'Annunciazione, segue Maria Madre di Cristo. A destra della cupola sono raffigurati gli Apostoli mentre a sinistra la Resurrezione. Sui pennacchi della navata centrale sono rimasti due Evangelisti. Alla sinistra della navata c'e' "Il peccato originale", alla destra il Battesimo di Gesu' con le tre Marie e Satana che si tormenta. Le pareti ospitano le figure di San Basilio, San Leonardo, Santa Lucia ed altro ancora. La tradizione vuole che la fondazione della chiesa sia legata al passaggio di San Pietro in Otranto nel suo viaggio verso Roma.
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Chiesa di San Pietro
10 Via S. Pietro
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E' uno dei monumenti del genere più importanti in Italia. Questo autentico gioiello d’arte si deve alla attività febbrile e pregnante di un grande movimento religioso medioevale: quello dei monaci Basiliano - Bizantini. La datazione della chiesa oscilla tra i sec. XII - XIV; il nucleo principale, comunque, risale ad un periodo precedente. La matrice greco-bizantina è confermata anzitutto dalla pianta a croce greca (la chiesa, infatti, risulta inscritta in un rettangolo con i lati pressoché uguali tra di loro) con cupola centrale supportata da piccole monofore lucifere. L'interno, sempre a forma di croce greca, accusa tre navate, di cui una centrale più larga, con altrettanti absidi semicircolari, otto colonne, di cui quattro con capitelli a pulvino che sostengono la cupola monolitica centrale, e le altre quattro sono seminglobate nelle pareti. Nell'abside centrale è presente un altare barocco fatto erigere nel 1841; quello sulla parete nord è dedicato a San Pietro e presenta anch’esso sovrastrutture barocche. Le quattro colonne smontano archi tipicamente orientali e i capitelli presentano affreschi di santi, dottori o padri della Chiesa. Tutti gli altri affreschi presentano caratteri bizantineggianti, ma non mancano rimanipolazioni o sovrapposizioni più tarde, anche cinquecentesche, di carattere latino - romano. Essi confermano l'esistenza di una scuola artistica otrantina. Le pareti della Chiesa sono adorne di affreschi, tutti di pregevole fattura. Nell'abside sinistra vi è raffigurata la Madonna col bambino che benedice con le prime tre dita della mano; nel lato destro in alto, nella volta a botte, si leggono i più antichi “La Lavanda dei piedi” (con un iscrizione greca) e “l'Ultima cena” (anche qui vi è un'iscrizione greca), in basso la Vergine, San Nicola e San Francesco di Paola; nell'abside si vede il Cristo morto, disteso fra le braccia della Vergine, con le due Maddalene ai lati. Sulla cupola dell'altare campeggia l'Annunciazione, segue Maria Madre di Cristo. A destra della cupola sono raffigurati gli Apostoli mentre a sinistra la Resurrezione. Sui pennacchi della navata centrale sono rimasti due Evangelisti. Alla sinistra della navata c'e' "Il peccato originale", alla destra il Battesimo di Gesu' con le tre Marie e Satana che si tormenta. Le pareti ospitano le figure di San Basilio, San Leonardo, Santa Lucia ed altro ancora. La tradizione vuole che la fondazione della chiesa sia legata al passaggio di San Pietro in Otranto nel suo viaggio verso Roma.
Posta poco distante dall'alloggio, in direzione della suggestiva Baia dell'Orte, la cava è ciò che oggi resta dell'estrazione del prezioso minerale avvenuta sino a tre decenni fa. La modifica della morfologia del suolo ha creato un inconsueto panorama dal notevole fascino per il contrasto del rosso della terra, il blu del laghetto formatisi dopo l'escavo ed il verde delle vegetazione che in alcuni punti cresce rigogliosa. Assolutamente da visitare coniugando una passeggiata al boschetto ivi posto ed allo splendido tratto di costa poco distante
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Cava di Bauxite
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Posta poco distante dall'alloggio, in direzione della suggestiva Baia dell'Orte, la cava è ciò che oggi resta dell'estrazione del prezioso minerale avvenuta sino a tre decenni fa. La modifica della morfologia del suolo ha creato un inconsueto panorama dal notevole fascino per il contrasto del rosso della terra, il blu del laghetto formatisi dopo l'escavo ed il verde delle vegetazione che in alcuni punti cresce rigogliosa. Assolutamente da visitare coniugando una passeggiata al boschetto ivi posto ed allo splendido tratto di costa poco distante
La grotta della "zinzulusa" rappresenta una delle più interessanti manifestazioni del fenomeno carsico nel territorio salentino. Si apre sul mare nel tratto di costa che va da Santa Cesarea Terme a Castro Marina, litoranea, tra l’altro, dalla grande suggestione paesaggistica. Il nome deriva dalla presenza, al suo interno, di numerose stalattiti e stalagmiti che in Dialetto del Salento vengono chiamate "zinzuli" ovvero stracci quasi a voler ricordare quei particolare tessuti. I contadini Locali a Otranto hanno, inoltre, da sempre accostato la grotta con i pipistrelli che numerosi albergano qui e che in particolari momenti della giornata si riversano verso l'esterno. Uno dei primi riferimenti storici alla grotta li ritroviamo in una lettera scritta dal vescovo di Castro, monsignor Del Duca, che nel 1793 offre a Ferdinando IV una dettagliata descrizione della cavità carsica. Il prelato, inoltre, circa la nascita della grotta si cimentò in un ardita ricostruzione volendo riconoscere nelle bizzarre scultore, le colonne di un tempio dedicato a Minerva, eretto come tributo per il sostegno dato ad Ercole nello scontro coi Giganti. Successivamente altri studiosi salentini si cimentano nella scoperta e nello studio della grotta tra i quali ricordiamo il Brocchi, il Botti ed infine uno dei più insigni studiosi sul Salento il De Giorgi. Ma un vero studio scientifico si ha nel novecento, in particolare a partire del 1922 allorquando si iniziò un’intensa opera di raccolta e catalogazione delle specie vegetali ed animali presenti nelle parti più profonde della grotta. Particolare interesse hanno da subito destato la presenza di specie di crostacei di origine molto antica e presenti solo in questa cavità. L’interesse suscitato dalla Zinzulusa non si limita solo all’aspetto biologico ma anche per il rinvenimento di numerosi resti di manufatti che paiono risalire al neolitico al paleolitico sino a giungere all’epoca romana. La grotta, che come detto, è di natura carsica, originatasi, durante il Pliocene, per effetto dell’erosione operata dall’acqua sul sottosuolo calcareo Salentino. La grotta si articola in tre parti: 1. la prima, parte dall’ingresso si caratterizza per la grande varietà e quantità di stalattiti e stalagmiti. In questa zona si può riscontrare la presenza di una zona in cui ristagna un’acqua dolciastra e limpidissima. 2. la grotta continua con una grande cavità denominata “Il duomo” il cui fenomeno erosivo che lo ha originato pare risalire al periodo “Cretacico”. Il fenomeno dello stalagmitismo comincia ad attnuarsi. 3. si giunge così alla parte finale della grotta ove sono presenti acque denominate “Cocito” che si contraddistingue per la stratificazione delle acque, salmastre e calde quelle più basse, dolci e fredde quelle più alte. In periodi più recenti vengono svolti nuovi e più approfonditi studi compiuti da alcune università italiane in esito ai quali viene scoperto un nuovo percorso sommerso ed in particolare nuove e sconosciute specie di fauna acquatica tra i quali la Salentinella gracillima, il misidaceo Stygiomysis hydruntina ed spugna troglobia. Le specie fin qua menzionate si caratterizzano per la loro antichissima origine e per la particolarità di essere presenti solo in queste cavità con pochi emuli nel mediterraneo. La parte più interessante della fauna marina presente nella grotta è certamente quella relativa a quelle specie che alcuni studi hanno fatto risalire ad un antichissima fauna sopravvissuta ai mutamenti climatici susseguenti al pliocene. Ma anche la fauna terrestre presenta molti punti di interesse rappresentata da specie troglobie e troglofie. La grotta, inoltre, presenta numerosi resti fossili di uccelli, felini, cervi, elefanti, orsi, ippopotami, rinoceronti quasi a testimoniare la straordinaria ricchezza e varietà di specie nel Salento antico caratterizzato tra l’altro da un clima profondamente diverso da quello odierno.
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Grotta Zinzulusa station
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La grotta della "zinzulusa" rappresenta una delle più interessanti manifestazioni del fenomeno carsico nel territorio salentino. Si apre sul mare nel tratto di costa che va da Santa Cesarea Terme a Castro Marina, litoranea, tra l’altro, dalla grande suggestione paesaggistica. Il nome deriva dalla presenza, al suo interno, di numerose stalattiti e stalagmiti che in Dialetto del Salento vengono chiamate "zinzuli" ovvero stracci quasi a voler ricordare quei particolare tessuti. I contadini Locali a Otranto hanno, inoltre, da sempre accostato la grotta con i pipistrelli che numerosi albergano qui e che in particolari momenti della giornata si riversano verso l'esterno. Uno dei primi riferimenti storici alla grotta li ritroviamo in una lettera scritta dal vescovo di Castro, monsignor Del Duca, che nel 1793 offre a Ferdinando IV una dettagliata descrizione della cavità carsica. Il prelato, inoltre, circa la nascita della grotta si cimentò in un ardita ricostruzione volendo riconoscere nelle bizzarre scultore, le colonne di un tempio dedicato a Minerva, eretto come tributo per il sostegno dato ad Ercole nello scontro coi Giganti. Successivamente altri studiosi salentini si cimentano nella scoperta e nello studio della grotta tra i quali ricordiamo il Brocchi, il Botti ed infine uno dei più insigni studiosi sul Salento il De Giorgi. Ma un vero studio scientifico si ha nel novecento, in particolare a partire del 1922 allorquando si iniziò un’intensa opera di raccolta e catalogazione delle specie vegetali ed animali presenti nelle parti più profonde della grotta. Particolare interesse hanno da subito destato la presenza di specie di crostacei di origine molto antica e presenti solo in questa cavità. L’interesse suscitato dalla Zinzulusa non si limita solo all’aspetto biologico ma anche per il rinvenimento di numerosi resti di manufatti che paiono risalire al neolitico al paleolitico sino a giungere all’epoca romana. La grotta, che come detto, è di natura carsica, originatasi, durante il Pliocene, per effetto dell’erosione operata dall’acqua sul sottosuolo calcareo Salentino. La grotta si articola in tre parti: 1. la prima, parte dall’ingresso si caratterizza per la grande varietà e quantità di stalattiti e stalagmiti. In questa zona si può riscontrare la presenza di una zona in cui ristagna un’acqua dolciastra e limpidissima. 2. la grotta continua con una grande cavità denominata “Il duomo” il cui fenomeno erosivo che lo ha originato pare risalire al periodo “Cretacico”. Il fenomeno dello stalagmitismo comincia ad attnuarsi. 3. si giunge così alla parte finale della grotta ove sono presenti acque denominate “Cocito” che si contraddistingue per la stratificazione delle acque, salmastre e calde quelle più basse, dolci e fredde quelle più alte. In periodi più recenti vengono svolti nuovi e più approfonditi studi compiuti da alcune università italiane in esito ai quali viene scoperto un nuovo percorso sommerso ed in particolare nuove e sconosciute specie di fauna acquatica tra i quali la Salentinella gracillima, il misidaceo Stygiomysis hydruntina ed spugna troglobia. Le specie fin qua menzionate si caratterizzano per la loro antichissima origine e per la particolarità di essere presenti solo in queste cavità con pochi emuli nel mediterraneo. La parte più interessante della fauna marina presente nella grotta è certamente quella relativa a quelle specie che alcuni studi hanno fatto risalire ad un antichissima fauna sopravvissuta ai mutamenti climatici susseguenti al pliocene. Ma anche la fauna terrestre presenta molti punti di interesse rappresentata da specie troglobie e troglofie. La grotta, inoltre, presenta numerosi resti fossili di uccelli, felini, cervi, elefanti, orsi, ippopotami, rinoceronti quasi a testimoniare la straordinaria ricchezza e varietà di specie nel Salento antico caratterizzato tra l’altro da un clima profondamente diverso da quello odierno.
Santa Cesarea è una rinomata località termale tra le più attrezzate di Puglia ma che ha anche una buona vocazione balneare. Santa Cesarea è un piccolo gioiello ubicato in uno dei punti più suggestivi della costa Pugliese, lungo la litoranea che da Otranto, da cui dista circa 15 km, porta fino a Santa Maria di Leuca. Qui la costa è esclusivamente rocciosa ed il mare regala colori impareggiabili in qualsiasi periodo dell'anno. Dal punto di vista architettonico spicca Palazzo Sticchi voluto, agli inizi del novecento, da una facoltosa famiglia di Maglie dopo che per lavoro il capofamiglia aveva vissuti in realtà arabe del mediterraneo. Ed infatti questa esperienza segna profondamente l'architettura del palazzo con archi e guglie cupole dall'accentuato stile moresco. Proprio qui Carmelo Bene, che tra l'altro era originario proprio di queste parti, ambientò parte del suo film "Nostra Signora dei Turchi". Passeggiando per la cittadina risalteranno agli occhi del visitatore alcune scritte in carattere ebraico presenti su alcuni edifici. Qui durante la seconda guerra mondiale una colonia ebraica trovò rifugio dalle persecuzioni. Ma la realtà Giudaica ha avuto per secoli una importante presenza nel Salento come testimoniato da numerose fonti. La stessa Otranto arriverà a contare nel medioevo più di 500 ebrei un numero di rilievo se raffrontato alla restante popolazione che, ad esempio, poco prima della presa turca era stimata intorno alle 6.000 unità. Le Terme Le qualità terapeutiche delle acque termali di Santa Cesarea pare fossero note già in epoca romana ma per un loro utilizzo in maniera sistematica occorrerà aspettare la fine dell'ottocento. Esse sgorgano ad una temperatura compresa tra i 27 e i 30 gradi, in quattro grotte, Grotta Gattulla, Solfatara, Fedida e Solfurea, poste lungo la costa e che comunicano col mare. La natura di queste acque è salsoiodica solfurea. Sul fondo delle stesse si deposita materiale melmoso che viene utilizzato per le applicazioni termali con fanghi. Le terme sono gestite da una società di diritto privato con partecipazione della Regione Puglia e del Comune di Santa Cesarea. Si avvale di due stabilimenti "Terme Gattulla" e "Terme Solfurea" dove vengono effettuate cure consistenti in fanghi, inalazioni, bagni in vasca e piscine naturali.
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Santa Cesarea Terme
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Santa Cesarea è una rinomata località termale tra le più attrezzate di Puglia ma che ha anche una buona vocazione balneare. Santa Cesarea è un piccolo gioiello ubicato in uno dei punti più suggestivi della costa Pugliese, lungo la litoranea che da Otranto, da cui dista circa 15 km, porta fino a Santa Maria di Leuca. Qui la costa è esclusivamente rocciosa ed il mare regala colori impareggiabili in qualsiasi periodo dell'anno. Dal punto di vista architettonico spicca Palazzo Sticchi voluto, agli inizi del novecento, da una facoltosa famiglia di Maglie dopo che per lavoro il capofamiglia aveva vissuti in realtà arabe del mediterraneo. Ed infatti questa esperienza segna profondamente l'architettura del palazzo con archi e guglie cupole dall'accentuato stile moresco. Proprio qui Carmelo Bene, che tra l'altro era originario proprio di queste parti, ambientò parte del suo film "Nostra Signora dei Turchi". Passeggiando per la cittadina risalteranno agli occhi del visitatore alcune scritte in carattere ebraico presenti su alcuni edifici. Qui durante la seconda guerra mondiale una colonia ebraica trovò rifugio dalle persecuzioni. Ma la realtà Giudaica ha avuto per secoli una importante presenza nel Salento come testimoniato da numerose fonti. La stessa Otranto arriverà a contare nel medioevo più di 500 ebrei un numero di rilievo se raffrontato alla restante popolazione che, ad esempio, poco prima della presa turca era stimata intorno alle 6.000 unità. Le Terme Le qualità terapeutiche delle acque termali di Santa Cesarea pare fossero note già in epoca romana ma per un loro utilizzo in maniera sistematica occorrerà aspettare la fine dell'ottocento. Esse sgorgano ad una temperatura compresa tra i 27 e i 30 gradi, in quattro grotte, Grotta Gattulla, Solfatara, Fedida e Solfurea, poste lungo la costa e che comunicano col mare. La natura di queste acque è salsoiodica solfurea. Sul fondo delle stesse si deposita materiale melmoso che viene utilizzato per le applicazioni termali con fanghi. Le terme sono gestite da una società di diritto privato con partecipazione della Regione Puglia e del Comune di Santa Cesarea. Si avvale di due stabilimenti "Terme Gattulla" e "Terme Solfurea" dove vengono effettuate cure consistenti in fanghi, inalazioni, bagni in vasca e piscine naturali.
Porto Badisco è una località marina posta a pochi km a sud da Otranto. Qui il mare penetra nella costa rocciosa creando un incantevole insenatura che alcuni amano paragonarla ad un piccolo fiordo scandinavo. Il borgo è composto da poche unità abitative che si popolano per lo più nel periodo estivo. Molto caratteristico è pure il vicino "Porto Russo", un'altra insenatura, di dimensioni più ridotte rispetto a Badisco che si distingue per la roccia alta e per la straordinaria limpidezza delle acque. Poco a nord da Badisco si erge Torre Sant'Emiliano una delle tante torri costruite dagli Spagnoli per vigilare il mare e porteggere dal pericolo Turco che nel 1480 aveva saccheggiato Otranto. Il paesaggio ed i profumi della campagna, oltre che i colori della natura creano un unicum sorprendente che lascia senza parole il visitatore apprezzabile in particolar modo nel periodo primaverile. Poco distante sorge Masseria Cippano uno degli esempi più interessanti di masseria fortificata del salento con un’architettura fortemente influenzata dal clima di insicurezza che ha regnato su queste coste per diversi secoli. A Porto Badisco la leggenda vuole che Enea, l'eroe epico le cui gesta furono narrate dal poeta Virgilio, nel suo lungo peregrinare abbia trovato sicuro approdo proprio qui.
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Porto Badisco
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Porto Badisco è una località marina posta a pochi km a sud da Otranto. Qui il mare penetra nella costa rocciosa creando un incantevole insenatura che alcuni amano paragonarla ad un piccolo fiordo scandinavo. Il borgo è composto da poche unità abitative che si popolano per lo più nel periodo estivo. Molto caratteristico è pure il vicino "Porto Russo", un'altra insenatura, di dimensioni più ridotte rispetto a Badisco che si distingue per la roccia alta e per la straordinaria limpidezza delle acque. Poco a nord da Badisco si erge Torre Sant'Emiliano una delle tante torri costruite dagli Spagnoli per vigilare il mare e porteggere dal pericolo Turco che nel 1480 aveva saccheggiato Otranto. Il paesaggio ed i profumi della campagna, oltre che i colori della natura creano un unicum sorprendente che lascia senza parole il visitatore apprezzabile in particolar modo nel periodo primaverile. Poco distante sorge Masseria Cippano uno degli esempi più interessanti di masseria fortificata del salento con un’architettura fortemente influenzata dal clima di insicurezza che ha regnato su queste coste per diversi secoli. A Porto Badisco la leggenda vuole che Enea, l'eroe epico le cui gesta furono narrate dal poeta Virgilio, nel suo lungo peregrinare abbia trovato sicuro approdo proprio qui.

Informazioni sulla città/località

Il 19 marzo di ogni anno a Otranto ma più in particolare nei comuni limitrofi di Giurdignano, Uggiano la Chiesa e Minervino di Lecce si celebra il rito delle "Tavole di San Giuseppe". Si tratta di una cerimonia antichissima che alcuni fanno risalire all'epoca Medioevale allorquando i nobili locali offrivano dei banchetti ricchi di pietanze ai più bisognosi. Col tempo si è evoluta divenendo la celebrazione in onore a San Giuseppe di oggi. In cosa consiste E' un rito particolarissimo che consiste nella preparazione, a casa di ogni devoto al Santo, di tavole ricche di pietanze, alcune delle quali legate esclusivamente a questa ricorrenza. Il 19 marzo, intorno a mezzogiorno, si da avvio ad una cerimonia che si conclude con il dono dei piatti ai "Santi", ovvero persone invitate dal devoto alla celebrazione e che ricoprono il ruolo di una delle tredici figure sacrali previste. Chi prepara la tavola Si tratta di persone che hanno ricevuto una grazia da San Giuseppe e che con questo rito, che molto spesso li accompagnerà per tutta la vita, danno compimento al voto fatto. I "Santi" Il devoto alcuni giorni prima della celebrazione individua le persone che dovranno poi ricoprire il ruolo di un Santo. Le Tavole, a seconda del voto espresso, possono essere composte da un minimo di tre fino ad un massimo di tredici Santi; non possono però essere in numero pari. Le tre figure "sacre" minime, presenti quindi in ogni tavola, sono la Vergine Maria (ruolo quasi sempre ricoperto da una giovane vergine), Gesù bambino (solitamente un bambino o un giovane) e San Giuseppe (spesso una persona anziana). A questi si aggiungono, per la tavola da cinque elementi, Sant'Anna, e San Gioacchino; a quella da sette Sant'Elisabetta e San Giovanni; a quella da nove San Zaccaria e Santa Maria Maddalena; da undici Santa Caterina e San Tommaso; infine da tredici San Pietro e Sant'Agnese. La Tavola Nei giorni che precedono la celebrazione, nelle case domina la frenesia dei preparativi. La tavola deve essere curata nei minimi dettagli ed imbandita con i prodotti della terra e i piatti tipici della tradizione contadina. Tra le varie pietanze un ruolo importante è ricoperto da un grosso pane (visibile in foto) di forma circolare e vuoto al centro. Sulla crosta riporta dei simboli che identificano il "Santo" a cui è destinato il pane; le tre sfere simboleggiano Gesù bambino, il Rosario la vergine Maria, il bastone San Giuseppe.
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Giurdignano
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Il 19 marzo di ogni anno a Otranto ma più in particolare nei comuni limitrofi di Giurdignano, Uggiano la Chiesa e Minervino di Lecce si celebra il rito delle "Tavole di San Giuseppe". Si tratta di una cerimonia antichissima che alcuni fanno risalire all'epoca Medioevale allorquando i nobili locali offrivano dei banchetti ricchi di pietanze ai più bisognosi. Col tempo si è evoluta divenendo la celebrazione in onore a San Giuseppe di oggi. In cosa consiste E' un rito particolarissimo che consiste nella preparazione, a casa di ogni devoto al Santo, di tavole ricche di pietanze, alcune delle quali legate esclusivamente a questa ricorrenza. Il 19 marzo, intorno a mezzogiorno, si da avvio ad una cerimonia che si conclude con il dono dei piatti ai "Santi", ovvero persone invitate dal devoto alla celebrazione e che ricoprono il ruolo di una delle tredici figure sacrali previste. Chi prepara la tavola Si tratta di persone che hanno ricevuto una grazia da San Giuseppe e che con questo rito, che molto spesso li accompagnerà per tutta la vita, danno compimento al voto fatto. I "Santi" Il devoto alcuni giorni prima della celebrazione individua le persone che dovranno poi ricoprire il ruolo di un Santo. Le Tavole, a seconda del voto espresso, possono essere composte da un minimo di tre fino ad un massimo di tredici Santi; non possono però essere in numero pari. Le tre figure "sacre" minime, presenti quindi in ogni tavola, sono la Vergine Maria (ruolo quasi sempre ricoperto da una giovane vergine), Gesù bambino (solitamente un bambino o un giovane) e San Giuseppe (spesso una persona anziana). A questi si aggiungono, per la tavola da cinque elementi, Sant'Anna, e San Gioacchino; a quella da sette Sant'Elisabetta e San Giovanni; a quella da nove San Zaccaria e Santa Maria Maddalena; da undici Santa Caterina e San Tommaso; infine da tredici San Pietro e Sant'Agnese. La Tavola Nei giorni che precedono la celebrazione, nelle case domina la frenesia dei preparativi. La tavola deve essere curata nei minimi dettagli ed imbandita con i prodotti della terra e i piatti tipici della tradizione contadina. Tra le varie pietanze un ruolo importante è ricoperto da un grosso pane (visibile in foto) di forma circolare e vuoto al centro. Sulla crosta riporta dei simboli che identificano il "Santo" a cui è destinato il pane; le tre sfere simboleggiano Gesù bambino, il Rosario la vergine Maria, il bastone San Giuseppe.
La litoranea che conduce sino a Leuca divide il borgo in due parti: nella zona alta c'è Castro Superiore, la parte antica della città, con le sue alte mura medioevali; più in basso, posta su un insenatura della roccia se ne sta placida a vegliare sul mare Castro Marina. Qui è ancora intatto il borgo antico dei pescatori; è ancor oggi possibile ammirare nei pressi del porto delle caratteristiche grotticelle adibite a magazzino proprio dai pescatori. Castro nel periodo viene presa d'assalto da folle di turisti attratti da un mare cristallino e da una costa esclusivamente rocciosa che regala uno degli scenari più incantati di Puglia. Il nome deriva dal latino e sta ad indicare una fortezza. Nel periodo Romano la città era conosciuta come Castra Minervae. Durante il cinquecento furono erette le mura difensive, ancor oggi ben visibili, a protezione della frequenti incursioni piratesche e dei turchi ottomani. Di rilevante importanza è il castello, eretto nel 1572 sui ruderi dell'antica rocca romana; degna di nota è altresì l'ex Cattedrale, la quale ospita sculture in stile romanico ed è adorna di dipinti di scuola salentina. Ma il gioiello di Castro, anzi più precisamente di Castro Marina, è indubbiamente la spettacolare Grotta della Zinzulusa, in quanto costituisce una importantissima testimonianza dell'età preistorica, e forse, a detta di alcuni illustri paleontologi, la più remota dimora dell'uomo in Europa, come attestato da molti manufatti litici e dai resti di animali preistorici ivi rinvenuti.
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Castro
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La litoranea che conduce sino a Leuca divide il borgo in due parti: nella zona alta c'è Castro Superiore, la parte antica della città, con le sue alte mura medioevali; più in basso, posta su un insenatura della roccia se ne sta placida a vegliare sul mare Castro Marina. Qui è ancora intatto il borgo antico dei pescatori; è ancor oggi possibile ammirare nei pressi del porto delle caratteristiche grotticelle adibite a magazzino proprio dai pescatori. Castro nel periodo viene presa d'assalto da folle di turisti attratti da un mare cristallino e da una costa esclusivamente rocciosa che regala uno degli scenari più incantati di Puglia. Il nome deriva dal latino e sta ad indicare una fortezza. Nel periodo Romano la città era conosciuta come Castra Minervae. Durante il cinquecento furono erette le mura difensive, ancor oggi ben visibili, a protezione della frequenti incursioni piratesche e dei turchi ottomani. Di rilevante importanza è il castello, eretto nel 1572 sui ruderi dell'antica rocca romana; degna di nota è altresì l'ex Cattedrale, la quale ospita sculture in stile romanico ed è adorna di dipinti di scuola salentina. Ma il gioiello di Castro, anzi più precisamente di Castro Marina, è indubbiamente la spettacolare Grotta della Zinzulusa, in quanto costituisce una importantissima testimonianza dell'età preistorica, e forse, a detta di alcuni illustri paleontologi, la più remota dimora dell'uomo in Europa, come attestato da molti manufatti litici e dai resti di animali preistorici ivi rinvenuti.